Le misure per lo sviluppo non valgono per le aziende tassate sulla base delle rendite catastali.
Il decreto «Salva Italia» presenta un conto salato all'agricoltura. La stangata, in particolare, si abbatte su terreni e fabbricati. Ma la bolletta sale anche per quanto riguarda i contributi (rivalutati) che coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali dovranno versare alll'Inps. L'Imu, che scatta dal 2012, avrà la mano pesante sulle case rurali di abitazione e i fabbricati strumentali. In particolare per le abitazioni, ai fini Imu, alla rendita imponibile si applica un moltiplicatore di 160. Per i fabbricati strumentali il moltiplicatore è di 60 con un'aliquota del 4 per mille. I terreni, non tassati solo nelle aree montane, avranno il raddoppio del moltiplicatore, a 120 dall'attuale 75 e l'aliquota sarà del 7 per mille. Ai fini della tassazione del reddito non c'è invece alcuna modifica per il reddito agrario e dominicale. Almeno per ora.
L'aggravante per le imprese agricole è che non potranno usufruire delle misure per lo sviluppo. Note amare anche sul fronte Iva, con il ritocco di due punti dell'aliquota saranno ridotti i «recuperi» delle compensazioni in particolare per un'ampia gamma di prodotti con aliquota al 10 per cento che vanno dal latte alle carni. «Tante tasse e niente sviluppo» così il presidente della Cia, Giuseppe Politi.«Non faremo certo le barricate. Siamo pronti ai sacrifici, ma — ha detto Politi — vorremo che accanto a misure fiscali e contributive fortemente onerose per i produttori agricoli ci fossero interventi mirati a ridare vigore alle aziende». La manovra, secondo la Cia «rende più onerosa l'attività degli agricoltori sia come imprenditori che come semplici cittadini».