Oggi anche  la Cia parteciperà all’iniziativa “Non ci basta  sperare…Rivogliamo il nostro futuro”, organizzata  a Mirandola,  a un anno dal sisma che ha colpito l’Emilia Romagna, da tutte le organizzazioni  imprenditoriali della provincia di Modena.  Tutti insieme, con le associazioni che rappresentano l’agricoltura, il commercio, 7 l’industria, l’artigianato e il mondo cooperativo del territorio, ma anche con Cgil, Cisl e Uil,  ci impegneremo per riportare l’attenzione su un’area produttiva d’eccellenza, tragicamente  segnata dal terremoto del 20 e 29 maggio scorsi, e che ancora oggi vive ferite profonde  che richiedono interventi urgenti e risolutivi dal punto di vista della burocrazia, del credito,  della fiscalità e dell’occupazione.

 

nm,.n,mn,mAllego la nota inviata dal Vicepresidente della ASES (Associazione Solidarietà e Sviluppo), ricordando in prossimità  della scadenza dei 730 che è possibile donare il proprio 5x000 anche a favore di questa associazione.

Cari amici e amiche,

Il 21 aprile si sono svolte in Paraguay le elezioni generali per il Presidente della Repubblica, i senatori, i deputati e i governatori. L’organismo incaricato del corretto svolgimento delle elezioni  era il Tribunale Superiore di Giustizia Elettorale (TSJE) che ha invitato come Osservatori Internazionali rappresentanti di varie istituzioni (Organizzazione Stati Americani, Unione Europea ecc.). Anche ASES/CIA, per l’impegno che sta svolgendo da circa ventanni per la promozione agricola del Paraguay è stata invitata a partecipare con propri osservatori. Compito di ASES/CIA è stato di verificare il corretto svolgimento delle elezioni nella Regione di Misiones dove dal 2004 si sta portando avanti il progetto denominato “Misiones menos pobreza”. La missione di ASES/CIA si è svolta presso i seggi dei Comuni di Santa Rosa, San Ignacio, San Juan Bautista e San Miguel località a cui appartengono i dodici comitati di agricoltori dell’ Associazione produttori di passiflora e menta creata da ASES/CIA e dove è stato realizzato il progetto di riforma agraria nell’insediamento rurale Martìn Rolòn.  Nonostante alcune irregolarità riscontrate nei giorni precedenti alla elezione, questa si è svolta regolarmente e gli agricoltori hanno dimostrato una maturità politica e civica che preannuncia una speranza per il Paraguay. Terminata l’elezione ASES/CIA si è dedicata a incontrare i comitati impegnati nel progetto e a visitare le colture di passiflora e menta. Finalmente gli agricoltori hanno un reddito sicuro e le prospettive sono più che positive infatti alla fine della campagna di raccolta saranno duecento le tonnellate di passiflora consegnate all’agroindustria oltre alla menta. Significativo è stato il fatto che in una riunione un agricoltore chiedendo la parola ha detto: “ho 65 anni ed è la prima volta, grazie ad ASES/CIA, che riesco ad avere una entrata per la mia famiglia”.  Il guadagno viene reinvestito sia per aumentare le colture che per migliorare le abitazioni. Insieme al Vescovo di Misiones, Mons. Mario Medina abbiamo visitato i dodici comitati di agricoltori.  L’eco del progetto si è sparso per tutta la Regione di Misiones. Stanno sorgendo nuovi comitati di agricoltori che vogliono aderire all’Associazione. In questi giorni sarà accolto il nuovo comitato dell’insediamento rurale Guayakì. Per far fronte a queste richieste si stanno preparando tre nuovi vivai previsti all’interno del progetto. Prima di lasciare la Regione di Misiones ASES/CIA ha avuto un incontro alla scuola agricola agroecologica CEASIL dove da giugno inizierà un progetto di sostegno e per formare i figli di umili agricoltori.  E’ infatti importante non solo formare e assistere i piccoli agricoltori ma dare una formazione anche ai loro figli  e alle loro figlie per la gestione delle piccole aziende agricole familiari. Negli anni ’90, ancora nel periodo della dittatura, la Pastorale Sociale di Mons. Mario Medina ha iniziato un processo di organizzazione e promozione delle famiglie di agricoltori. Dopo una prima tappa si scelse di fortificare la parte organizzativa su criteri di agricoltura sostenibile tenendo conto del deterioramento delle risorse naturali e dell’eredità di paura conseguenza del sistema di repressione della dittatura. I contadini appoggiati dal Vescovo Medina diedero vita a una azienda agricola chiamata San Isidro Labrador CEASIL. Oggi la scuola dispone di 21 ettari ed è situata nella frazione del Comune di San Ignacio chiamata Potrero San Antonio. Attualmente dispone di 60 posti per ospitare in forma residenziale gli allievi che provengono da località lontane. La scuola si mantiene grazie a contributi esterni e dispone di alcune istallazioni anche se ancora precarie e necessita di strumenti agricoli per i giovani (maschi e femmine) che la frequentano. Il nuovo progetto di ASES/CIA vuole appoggiare la scuola migliorando le infrastrutture per allevamento di animali e ampliando le colture. Questo permetterà di rendere autosufficiente la scuola e formerà i giovani alla conoscenza di nuove tecnologie preparando così il ricambio generazionale nelle aziende familiari.

Un cordiale saluto

Norberto Bellini

Vicepresidente

 

Associazione Solidarietà e Sviluppo
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mangiaSANODurante la conferenza stampa di presentazione della VIII edizione della Giornata Mangiasano, organizzata anche quest’anno dalla Cia e dai Vas-Verdi ambiente e società  -che si è tenuta a  Roma il 16 maggio presso il Senato, con la partecipazione dei senatori Loredana De  Petris e Dario Stefàno e del nostro vicepresidente Domenico Brugnoni- è stato rilevato  che l’agricoltura italiana continua a perdere terreno, minacciata costantemente  dall’avanzata del cemento che solo negli ultimi vent’anni ha divorato più di due milioni di  ettari coltivati. Uno “scippo” di suolo agricolo che procede a ritmi vertiginosi: 11 ettari l’ora,  quasi 2000 alla settimana e oltre 8000 al mese, calpestando quotidianamente paesaggio,  tradizioni e qualità del cibo. Ma a rischiare più di tutti le conseguenze di questo “furto”  sono gli oltre 5000 prodotti “tradizionali”, che sono la spina dorsale dell’agricoltura e  dell’enogastronomia italiana, ma che non godono delle tutele proprie dei marchi di  qualità.  Tipico, d’altra parte, vuol dire sano e qualità: questo vale soprattutto per l’Italia che  custodisce tra le pieghe del paesaggio rurale un patrimonio di sapori e tradizioni unici e  inimitabili, ma soprattutto inscindibili dal territorio. Si tratta dei quei migliaia di prodotti  agroalimentari tradizionali, che per volumi ed estensione territoriale non rientrano nei  parametri delle Dop e delle Igp, ma che sono autentiche “calamite” per il turismo  enogastronomico, un comparto che vale 5 miliardi l’anno. Eppure, di queste specialità  della terra una su quattro è in via di estinzione, visto che attualmente è coltivata da non  più di 10 aziende agricole che ne custodiscono la memoria. Il richiamo che con la Giornata Mangiasano si vuole dare è molto chiaro. La tipicità è l’aspetto più caratterizzante dell’agricoltura italiana, per cui il legame tra territorio e  prodotto è fondamentale. Per questo mettere un freno alla cementificazione è un dovere  non solo per fattori ambientali e paesaggistici, ma anche per motivi alimentari. Per tale  ragione è urgente che il governo riprenda in mano il ddl “salva suolo”, lanciato dalla  passata legislatura, ma poi rimasto nel cassetto, ancora prima di iniziare l’iter in  Parlamento. Si tratta di un decreto di cui il nostro Paese e la nostra agricoltura hanno un  estremo bisogno, per mettere un freno all’urbanizzazione selvaggia, ma anche per  arginare i fenomeni della desertificazione, che oggi in Italia coinvolge il 21,3 per cento del  territorio italiano e il 41,1 per cento delle regioni centro-meridionali del Paese. A tal proposito è opportuno ricordare la proposta di iniziativa popolare presentata  dalla nostra Confederazione alla Camera dei Deputati nel giugno del 1994 con la raccolta  di oltre 65 mila firme. Una proposta che, nonostante siano passati circa 20 anni, appare  ancora estremamente attuale, soprattutto davanti ai recenti disastri provocati dal  maltempo proprio a causa della mancata manutenzione del suolo, del degrado, della  cementificazione selvaggia e abusiva, dell’incuria ambientale, dell’abbandono delle zone  collinari e montane dove è venuto meno il fondamentale presidio dell’agricoltore.

Interessanti  spunti di riflessione nel forum sull’ortofrutta che la Cia ha tenuto lo scorso 3 maggio a Napoli. Un appuntamento di grande rilievo durante il quale sono state analizzate  e discusse le varie criticità attraversate da un settore per cui vantiamo il primato produttivo  europeo, focalizzandosi su due comparti specifici: il pomodoro da industria e la frutta in  guscio.  Ma è stata anche l’occasione di riaffermare che l’organizzazione delle filiere e  l’aggregazione di prodotto sono leve fondamentali per il rilancio dell’ortofrutta italiana.  L’ortofrutta italiana -è stato ricordato nel corso del forum di Napoli- è un settore che  vale 14 miliardi di euro l’anno e che attualmente rappresenta un terzo della Produzione  lorda vendibile (Plv) agricola del nostro Paese. Eppure, nonostante le cifre da primato, si  tratta di un comparto che è, purtroppo, fermo rispetto alla produzione mondiale, cresciuta  del 24 per cento negli ultimi dieci anni.  E la chiave per una decisa inversione di rotta sta proprio nel miglioramento  dell’organizzazione della filiera ortofrutticola, agendo da una parte a livello comunitario,  favorendo una riforma normativa che possa rispondere alle esigenze del settore, e  dall’altra operando sul territorio per valorizzare, rafforzare ed eventualmente creare, quelle  Organizzazioni dei produttori che applicano misure di sistema e valorizzano la  commercializzazione dei prodotti dei propri soci. Insomma, Organizzazioni che guardano  realmente al mercato. Oggi la produzione ortofrutticola italiana si estende su 880 mila ettari e coinvolge  circa 460 mila imprese agricole. Solo il 30 per cento, però, ha dimensioni superiori a 5  ettari, pur detenendo il 73 per cento della superficie complessiva dedicata a queste  produzioni. Una situazione che va necessariamente superata, anche perché la quota di  ortofrutta organizzata rappresenta appena il 35 per cento del totale. E questo nonostante  l’Ocm preveda aiuti incentrati sulla costituzione e gestione delle organizzazioni dei  produttori. Il problema organizzativo, quindi, rappresenta uno dei nodi principali da  sciogliere. Ci sono questioni strutturali, sociali ed economici che, legate anche a  comportamenti anacronistici, non fanno decollare l’aggregazione dell’offerta.  Non solo. Il settore -come è stato rilevato nel forum di Napoli- soffre da tempo di  ricorrenti crisi di mercato. Negli ultimi 4-5 anni l’ortofrutta “made in Italy” è stata investita  da pesanti fasi critiche, dovute essenzialmente a un’estrema volatilità dei prezzi all’origine  e allo scarso potere contrattuale dei produttori ortofrutticoli, alla forte concorrenza da parte  del prodotto estero, spesso movimentato da dinamiche di puro stampo speculativo. A  questo si aggiunge il calo dei consumi, provocati dalla difficile congiuntura economica  del Paese. E così il quadro generale del settore diventa sempre più complesso e i riflessi  per le imprese risultano gravemente negativi, soprattutto sul fronte dei redditi.

Il neo ministro delle Politiche agricole Nunzia De Girolamo, in occasione della sua prima uscita pubblica durante l’assemblea dell’AGIA  (giovani agricoltori della CIA), che si è svolta l’8 maggio a Roma  ha rilanciato la necessità e l’impegno di “offrire” i terreni demaniali ai giovani agricoltori – anche attraverso l’intervento della Cassa depositi e prestiti. Il Pd aveva già richiesto con un’interrogazione a risposta scritta di procedere al decreto attuativo.   I terreni del demanio civile sono in realtà pochi. Il “pacchetto” più consistente è rappresentato infatti dai terreni pubblici delle province, dei comuni, e delle Asl che dovrebbero confluire ora al demanio o alla costituita Sgr (società gestione risparmio) deputata ad operare come “fondo dei fondi” per la messa sul mercato dei migliori cespiti dello Stato e degli enti locali, immobili e società di servizi. I tecnici sono al lavoro per capire in quale quadro di regole si può operare in tal senso per dare la possibilità agli agricoltori di accedere ai terreni pubblici promessi a più riprese da Saverio Romano prima e da Mario Catania poi.

Ma l’Assemblea dell’Agia ha messo in evidenza anche ad altre richieste e le proposte per aprire più confortanti prospettive alle nuove leve dell’agricoltura. Lo stesso slogan scelto, “Costruiamo l’Italia nuova”, è emblematico dell’impegno profuso per garantire certezze e strumenti validi a chi oggi sceglie il proprio futuro nell’attività imprenditoriale agricola. L’Agia -come ha ampiamente illustrato il presidente Luca Brunelli- ha chiesto al nuovo governo di individuare di una “strategia per il settore agroalimentare italiano” che consenta di realizzare un modello produttivo evoluto che sia capace di coniugare gli obiettivi della crescita sostenibile, intelligente e inclusiva (Europa 2020). Non solo. I giovani sollecitano l’istituzione della “Banca della Terra”, l’approvazione di una legge per la “Difesa del suolo e dell’agricoltura dalla cementificazione” e l’assegnazione nell’ambito del nuovo Piano strategico nazionale dello sviluppo rurale di risorse adeguate all’emergenza del ricambio generazionale, prevedendo l’istituzione di un “Pacchetto giovani multi misura personalizzabile”. L’Agia ha evidenziato anche l’esigenza di istituire un tavolo del credito tra Abi e Associazioni di giovani imprenditori che consenta di realizzare un sistema integrato tra banche, Ismea e Consorzi Fido, di aggiornare la gamma di prodotti e di lavorare all’istituzione di un Fondo europeo per la garanzia al credito riservato esclusivamente ai giovani imprenditori. I nostri giovani agricoltori hanno chiesto che nei prossimi dodici mesi vengano prese urgenti misure dal governo: approvare agevolazioni fiscali nell’ambito di un “Nuovo patto per la competitività dell’impresa”, in primis per Irap e Imu su imprese condotte da “under 40”; realizzare la riforma del sistema formativo che investa maggiormente nella scuola, nella consapevolezza che il capitale umano è ricchezza fondamentale di una comunità; rilanciare la ricerca e l’innovazione nell’ambito del programma Europa 2020, come leva strategica per una produzione agroalimentare che utilizzi in maniera sempre più efficace le risorse naturali disponibili, nell’interesse generale della società e soprattutto a garanzia delle generazioni future; perseguire e realizzare concretamente la semplificazione amministrativa, a partire dalla unificazione dei controlli amministrativi di competenza regionale: estendere la “Banda larga” in tutte le aree rurali per annullare il “digital divide” rispetto alle aree urbane.