Anche la Cia ha partecipato alla Giornata della legalità nel ricordo di Giovanni  Falcone e Paolo Borsellino, a 21 anni dalla strage di Capaci. Nell’occasione abbiamo  ribadito che i tentacoli delle mafie si allungano sempre di più sull’agricoltura e sul sistema  agroalimentare: più di 240 reati al giorno, praticamente otto ogni ora, oltre 350 mila agricoltori (un terzo del totale) che hanno subito e che subiscono gli effetti delle criminalità  organizzata. E in questo contesto il fenomeno della contraffazione e della frode alimentare  ammonta nel nostro Paese ad un fatturato da oltre un miliardo di euro l’anno.  Oggi gli agricoltori sono vittime delle mafie che praticano ogni mezzo illegale per  impadronirsi del business che ruota attorno al sistema agroalimentare: furti di attrezzature  e mezzi agricoli, usura, racket, abigeato, estorsioni, il cosiddetto “pizzo”, discariche  abusive, macellazioni clandestine, danneggiamento e incendi alle colture, aggressioni,  truffe nei confronti dell’Unione europea, “caporalato”, abusivismo edilizio, saccheggio del  patrimonio boschivo, agropirateria. Un dato su tutti: il 20 per cento (2.245 su 11.238) dei  beni immobili confiscati alla criminalità organizzata sono rappresentati da terreni  destinati all’agricoltura. Non solo. Vi è un fitto intreccio di interessi tra famiglie mafiose siciliane, clan  camorristici e ’ndrangheta calabrese nella gestione della filiera agroalimentare, che va  dall’accaparramento dei terreni agricoli alla produzione, dal trasporto delle merci su  gomma allo stoccaggio della merce, dall’intermediazione commerciale alla fissazione dei  prezzi, fino ad arrivare agli ingenti investimenti destinati all’acquisto di catene di  supermercati o interi centri commerciali.

Agrinsieme è intervenuto sull’aumento dell’Iva al 22 per cento, previsto per il prossimo primo  Luglio, con la massima determinazione, sottolineando che  questa eventualità avrebbe effetti pesanti sui consumi, già alquanto depressi, e sull’intero  sistema imprenditoriale. Il coordinamento Cia, Confagricoltura, e Alleanza delle cooperative italiane  agroalimentari è preoccupato soprattutto per le conseguenze sull’agricoltura e  sull’agroalimentare e più in generale per l’economia del Paese. E per questa ragione ha  firmato una “lettera-appello” inviata al presidente del Consiglio Letta e sottoscritta anche  da molte organizzazioni di imprese, dei servizi e della distribuzione, affinché si trovi una  soluzione che eviti impatti traumatici che rendano ancora più acuta la recessione.  Agrinsieme ha sottolineato che l’aumento dell’Iva, come confermato da stime  effettuate da centri studi e istituti specializzati, farebbe crescere i costi di 160 euro a  famiglia, fatto tanto più grave in considerazione delle 9 milioni di famiglie che versano in  situazioni di difficoltà economica, di cui 5 milioni a rischio povertà.  Nella “lettera-appello” si rileva che l’aumento dell’Iva avrebbe effetti sul settore  distributivo, su quello della produzione industriale, sull’agricoltura, sull’agroalimentare e sul  mondo dei servizi che operano sul mercato interno, con rilevanti conseguenze anche sui livelli occupazionali. Si andrebbe, in questa maniera, a deprimere la domanda interna,  che deve, al contrario, essere rilanciata come motore propulsivo della crescita e del Pil.  Da qui la richiesta al governo, pur in una situazione di difficoltà nel recuperare  risorse, di una soluzione definitiva a questo difficile problema, dando così un chiaro  segnale ai consumatori italiani e alle imprese che hanno ancora la volontà di investire nel  nostro Paese. Ma le parole del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni fanno apparire  difficile uno stop all’aumento dell’Iva. Sull’argomento il rappresentante del governo è stato  molto cauto e si è limitato ad affermare: “dobbiamo concentrarci sugli investimenti”. E  anche le affermazioni del ministro degli Affari regionali Graziano Delrio non sono  incoraggianti: “non dico che l’aumento di un punto dell'Iva sia inevitabile, ma bisogna  prima verificare l’equilibrio complessivo del bilancio”.

Dopo che a  margine del Consiglio europeo sia il primo ministro inglese David Cameron che quello  olandese Mark Rutte hanno espresso forti critiche, già esternate in precedenza dalla  Germania, il commissario Ue all’Agricoltura Dacian Ciolos ha ritirato la proposta  presentata la settimana scorsa che avrebbe comportato la sparizione delle oliere nei  ristoranti, sostituendole con bottiglie monouso per assicurarne la qualità. “Una decisione che -ha commentato il presidente della Commissione Agricoltura del  Parlamento europeo Paolo De Castro- ci lascia esterrefatti e che, purtroppo, s’inserisce in  un pericoloso solco che va contro il significato stesso di Europa”.  “Non mi piace usare certe schematizzazioni -ha sottolineato ancora De Castro- ma  è l'ennesimo caso in cui registriamo un arretramento dell’istituzione europea davanti ad  una spaccatura, con un Nord che vuole condizionare le scelte dei consumatori e che  banalizza tutto ciò che è qualità, almeno per come è intesa nel Mediterraneo, in una  deriva che spinge verso l’omologazione dei cibi”.  “E’ grave -ha proseguito- che una proposta di cui si parla da un anno, che fa parte  di un piano di azione più ampio per risollevare il settore, venga ritirata a causa di una  campagna stampa dai toni esasperati”. La retromarcia della Commissione europea sulla norma che vieta l’uso di  bottiglie senza etichetta e oliere anonime nei locali pubblici è -ha commentato la Cia in un  comunicato- una sconfitta per tutti i Paesi, come il nostro, che da sempre portano avanti  una dura battaglia contro le frodi e gli inganni a tavola. Ci stupisce ancora di più che  questo passo indietro avvenga subito prima dell’approvazione definitiva prevista per  giugno, in vista dell’entrata in vigore a partire dal primo gennaio 2014.  Una bottiglia d’olio extravergine su sei in Italia finisce sui tavoli di trattorie,  ristoranti e bar. Ed è necessario, pertanto, chiarirne l’origine, per garantire trasparenza ai  cittadini e per tutelare i produttori da falsi e sofisticazioni che “scippano” ogni anno al  “made in Italy” agroalimentare 1,1 miliardi di euro. Questa norma doveva mettere fine alle oliere anonime spesso riempite chissà  quante volte, magari spacciando per extravergine un prodotto di basso livello. In questo  modo, si voleva assicurare finalmente qualità, autenticità e origine dell’olio messo a  disposizione del consumatore finale, ma anche proteggerne la salute. Oltre ovviamente a  migliorare la sicurezza legata all’igiene del prodotto, grazie all’obbligo del tappo “anti  rabbocco”. Ancora una volta dobbiamo constatare che l’Europa ha scelto di bocciare una  norma appoggiata da ben 15 Paesi, tra cui i principali produttori come Italia e Spagna,  premiando, invece ,chi l’ha osteggiata fin dall’inizio come gli Stati del Nord, a partire da  Germania, Olanda e Inghilterra.

Al Senato sono state  ritirate le cinque mozioni  presentate sul tema degli organismi geneticamente modificati e  trasformate in un ordine del giorno unitario che è stato approvato dall’Assemblea  praticamente all'unanimità.  Con l’ordine del giorno di Palazzo Madama, s’impegna il governo “ad adottare la  clausola di salvaguardia prevista dall’articolo 23 della direttiva 2001/18/ce e/o ad adottare  la misura cautelare di cui all’articolo 34 del regolamento (ce) n. 1829/2003, in base alla  procedura prevista dall'art. 54 del regolamento (ce) n.178/2002, a tutela della salute  umana, dell’ambiente e del modello economico e sociale del settore agroalimentare  italiano; a rafforzare la già efficace opera di monitoraggio e controllo posta in essere con  il coinvolgimento del Corpo forestale dello Stato, il quale da tempo effettua verifiche per evitare la contaminazione tra colture geneticamente modificate e non e per controllare  l’eventuale presenza di sementi transgeniche non autorizzate; a potenziare la ricerca scientifica pubblica in materia agricola, ma confinando quella sugli Ogm in laboratorio,  affinché non ci siano rischi di contaminazione”. Un’iniziativa che la Cia ha subito commentato in maniera positiva, rilevando  l’urgenza, da parte dell’esecutivo, di approvare entro tempi brevi la clausola di  salvaguardia che è essenziale per tutelare la nostra agricoltura diversificata e di qualità.  Per l’occasione abbiamo ribadito che alla nostra agricoltura non servono gli  organismi geneticamente modificati e che bisogna far prevalere il principio di  precauzione. Di conseguenza, la clausola di salvaguardia è un elemento essenziale per  difendere la distintività del mondo agricolo italiano che fonda le sue radici sulla tipicità e  sulla biodiversità. Questo, tuttavia, non significa che la nostra posizione sia oscurantista. Abbiamo sempre sostenuto che la ricerca non va frenata, ma deve muoversi in ambiti ben precisi,  evitando che gli Ogm contaminino i nostri territori. Da qui, dunque, l’auspico che il governo si muova al più presto in questa  direzione, adottando la clausola di salvaguardia, come indicato chiaramente dall'ordine del  giorno del Senato.

Pubblichiamo i link inviateci dalla Segreteria Comunicazione FSE Marche (Agorà srl) relativamente all’incontro “Giovani & Lavoro: una sfida possibile” organizzato lo scorso 18 aprile presso il Ridotto del Teatro delle Muse di Ancona.

“Focus sulla Cultura del Lavoro”, a cura di Chiara Blandini:

http://www.youtube.com/watch?v=AhwIOH_1hFM

“Comprendere fattori di successo e di criticità nelle imprese” a cura di Elisa Bilancini

http://www.youtube.com/watch?v=9G4Y7eBIDAk

“Mettere in rete, collegare e condividere iniziative, idee ed azioni a sostegno del lavoro e delle imprese” a cura di Jacopo Cesari:

http://www.youtube.com/watch?v=jT_1BXqiXTE

“Individuare e inaugurare nuovi modelli organizzativi” di Simona Reschini

http://www.youtube.com/watch?v=iUMiaaH9zio

“Il lavoro – autonomo, d’impresa, dipendente – è in continuo cambiamento” di Giovanni Manzotti

http://www.youtube.com/watch?v=LmJEkxg9opg

L’importanza della Formazione e dell’Orientamento” a cura di Ludovica Crescenzi

http://www.youtube.com/watch?v=1LVWfnEMG18