"Se ora Wall Street investe in fattorie". Questo il titolo dell'articolo di Massimo Gaggi  riportato sul Corriere della Sera il 27/05. Gorge Soros liquida i suoi investimenti in oro e compra fattorie in Sudamerica investendo nella Adecoagro, una conglomerata agricola con proprietà in Argentina, Brasile e Uruguay. Non è il solo: da un po' di tempo gli hedge fund si contendono le terre coltivabili che possono essere acquistate in giro per il mondo. Se ne cercano ovunque, dalla Russia all'Africa, ma alla fine le più appetibili restano quelle negli Usa e in America Latina: più produttive, più facili da proteggere e senza troppi vincoli sulla proprietà.
Certo, c'è da restare interdetti davanti a queste sofisticate finanziarie di Wall Street che, dopo aver puntato sulle aree più avanzate e innovative dell'economia, cambiano cavallo e riscoprono un settore tenuto ai margini da quasi un secolo.
Come può essere?  Gli scettici sono molti: da un lato quelli che vedono nella corsa all'agricoltura il segno dell'involuzione di un mondo che ha paura del futuro, che si arrocca, teme di dover affrontare scarsità che sembravano ormai relegate nel retrobottega della storia. Dall'altro gli analisti che invitano alla cautela: dopo la bolla dell'alta tecnologia e quella dei valori delle case, gonfiati dai mutui a go-go, adesso ne rischiamo una terza, alimentata dall'impennata dei prezzi delle derrate agricole.