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“Il cibo del mare” è il tema del progetto aperto non solo a nuovi soggetti con disagio psichico, ma anche alle loro famiglie, al mondo dell’associazionismo ed agli imprenditori operanti nel comparto della pesca. Portato avanti dalla Confederazione Italiana Agricoltori, insieme al Centro Diurno del Dipartimento di Salute Mentale dell’Area Vasta 5 di San Benedetto del Tronto, il progetto ha tra gli obiettivi: stabilire un rapporto organico tra Istituzioni pubbliche, Organizzazioni professionali, Associazioni del volontariato, famiglie con persone svantaggiate, attraverso la realizzazione di progetti comuni, anche nell’ottica della nuova sensibilità manifestata a livello comunitario, nazionale, regionale nei confronti delle problematiche sociali; ribadire il ruolo che il settore primario, compreso il comparto della pesca, può svolgere nell’azione di recupero sanitario, sociale ed occupazionale delle persone disabili, sia attraverso forme flessibili di inserimento nelle attività lavorative, sia come momento di supporto esterno a livello formativo-informativo; sensibilizzare la cittadinanza sulle problematiche di una sana alimentazione, anche attraverso il recupero e la valorizzazione delle produzioni tipiche locali. Ed ancora: favorire la indipendenza alimentare del disabile e nel contempo fargli conseguire quelle conoscenze e professionalità che potrebbero agevolarne un futuro inserimento occupazionale; impostare un programma formativo innovativo che vede coinvolti, in qualità di relatori, rappresentanti del mondo imprenditoriale e del volontariato, in grado, attraverso le proprie esperienze, di rendere più facilmente comprensibili determinati argomenti (v. aspetti nutrizionali del pesce, tipologie di pesci e molluschi,tecniche di conservazione degli alimenti). In concreto il progetto si articola in cinque incontri pratico-teorici presso Casa San Francesco di Grottammare con alcuni malati mentali, selezionati dal Centro Diurno, alla presenza di esperti nel settore (dal zoologo al dietologo, dal cuoco al pescatore) per approfondire argomenti di carattere generale (v. caratteristiche nutrizionali del pesce, tipologie di pesce, tecniche di pesca) e nozioni specifiche di alimentazione (modalità di conservazione del pesce; preparazione di culinaria pesce e molluschi); due uscite in mare, per vedere impianto di allevamento mitili e partecipare a giornata di pesca, così da mostrare operativamente agli allievi le nozioni dibattute durante gli incontri.
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E’ stata accolta con soddisfazione la proroga al 30 aprile 2014 per la stipula delle polizze assicurative agevolate sulle colture autunno-primaverili e quelle permanenti.Lo spostamento della data di scadenza, precedentemente fissata al 31 marzo 2014, era stata sollecitata con una lettera al ministro per le Politiche agricole Maurizio Martina, dal coordinatore di Agrinsieme Mario Guidi. La richiesta nasceva dal fatto che molte imprese agricole si trovavano in forti difficoltà a rispettare le date fissate dal piano assicurativo 2014, soprattutto quella del 31 marzo, che interessa tutto il comparto della frutta, l’uva da vino e i seminativi, a causa dei tempi ristrettissimi disponibili. La proroga concessa consentirà di certo alle imprese di procedere con maggiore serenità alla scelta dei prodotti assicurativi per la copertura delle produzioni e allo stesso tempo permetterà una definizione completa dei contratti assicurativi su tutto il Paese”.
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Su 100 euro di spesa in prodotti agricoli freschi solamente 22,50 euro restano in mano agli agricoltori è quanto emerge dall’indagine di AgrOsserva, l'osservatorio di Ismea e Unioncamere. Gli agricoltori sono sfavoriti nella ripartizione del valore distribuito in filiera a vantaggio degli operatori più a valle, ed in particolare di quelli del sistema distributivo. La restante quota risulta così ripartita: 36 euro vanno a remunerare il trade (ingrosso e dettaglio), oltre 25 euro vengono trattenuti da altri operatori indirettamente coinvolti nella filiera (fornitori di mezzi tecnici di servizi finanziari e assicurativi ecc.), circa 9 euro sono riconducibili alle imposte e oltre 8 euro finiscono all'estero a seguito dell'importazione di prodotti direttamente destinati al consumo. Sempre secondo AgrOsserva, nel caso dei prodotti trasformati, sempre su 100 euro di spesa sostenuta dal consumatore, all'azienda agricola rimane un utile netto di 40 centesimi di euro, mentre 2,3 euro vanno a remunerare la fase industriale e quasi 11 euro quella del commercio. Per il coordinatore di di Agrinsieme, Mario Guidi, «è una situazione di forte compressione della componente agricola nella filiera di cui bisogna farsi carico». Secondo Guidi, tuttavia, in presenza di strutture aggregate, il valore aggiunto non viene disperso. «È per questo - sostiene - che occorre favorire le misure di concentrazione dell'offerta, puntando ad esempio sulle cooperative. Con la modifica della legge 102 sulla regolazione dei mercati, attualmente in fase di revisione, potremmo apportare in tal senso novità significative, sulle quali ci giochiamo un bel pezzo di futuro».
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Paolo De Castro, il presidente della commissione Agricoltura dell'Europarlamento nei giorni scorsi aveva denunciato che la proposta della Commissione Ue per attuare gli atti applicativi della nuova Politica agricola comune «è molto lontana dall'accordo politico raggiunto tra il Parlamento, il Consiglio e la Commissione europea» così come aveva già annunciato all’Assemblea elettiva della CIA. De Castro aveva lanciato l'allarme sui diritti di impianto, infatti Ciolos voleva vietare la commercializzazione delle licenze dal 2016. Infatti secondo quanto dichiarato dal commissario Ue all'Agricoltura, Ciolos, Bruxelles era decisa a vietare la commercializzazione dei diritti per tutti i paesi e cioè anche per quegli Stati che in base all'accordo potrebbero decidere di spostare il passaggio dai diritti alle autorizzazioni dal 2016 al 2020». Contro la prima proposta della Commissione che smantellava il sistema dei diritti dalla sera alla mattina l'europarlamento ha fatto valere le ragioni dell’Italia e a strappato un importante compromesso”, che prevede che i Paesi membri possano mantenere in vigore il sistema dei diritti come lo conosciamo oggi da un minimo di tre a un massimo di cinque anni. L’Italia ovviamente si avvarrà del tempo più ampio, quindi fino al 31 dicembre 2019, quando anche i nostri produttori si allineeranno al sistema delle autorizzazioni che sarà nel frattempo entrato in vigore dal 2016 nel resto d’Europa e che cesserà nel 2030 per tutti”. In questo modo si danno certezze alle nostre imprese, che sui diritti di reimpianto avevano investito e che rischiavano di perdere con il passaggio alle autorizzazioni, che a differenza dei diritti non possono essere commercializzate.
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Apertura dei paesi Ue alla proposta legislativa che dà ai singoli stati membri la facoltà di scelta se autorizzare o meno la coltivazione di Ogm sul loro territorio. E’ emerso nel corso dell’ultimo Consiglio Ue ambiente, dove la stragrande maggioranza dei “28”, Italia inclusa, intervenuti in dibattito pubblico, si sono espressi a favore del testo presentato dalla presidenza greca di turno dell’Ue sulla base di quello preparato nel 2010 dalla Commissione Ue. E un passo in avanti significativo è stato quello fatto dalla Germania, finora parte della minoranza di blocco contraria, che ha segnalato la sua "riserva d'esame" in attesa che il governo tedesco adotti “entro giugno” una posizione chiara sulla questione Ogm, soprattutto alla luce delle preoccupazioni espresse dai cittadini. Solo un paese è rimasto fermamente contrario, il Belgio, e alcuni stati hanno assunto posizioni più sfumate, in particolare Portogallo, Bulgaria e Polonia. Un forte sostegno a favore del testo di compromesso presentato dalla presidenza greca è stato espresso da paesi a favore della coltivazione degli Ogm, quali Spagna e Gran Bretagna. La Francia, invece, ha presentato una sua proposta che, se pure va nella stessa direzione, per molti paesi prenderla in considerazione costituirebbe un ulteriore rallentamento del processo decisionale.
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