Il presidente della Cia Giuseppe Politi interviene al convegno al Macfrut organizzato insieme a Confagricoltura, Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e da Agci Agrital. Da Cesena importante avvio di un percorso unitario per valorizzare l’agricoltura. Superare la frammentazione per riprendere la strada della crescita e della competitività. Interventi mirati per contrastare le ricorrenti crisi di mercato.“Aggregazione, interprofessione, rapporti più stretti di filiera, interventi mirati per contrastare le ricorrenti crisi di mercato, internazionalizzazione e valorizzazione del ‘made in Italy’. Il settore dell’ortofrutta, che rappresenta oltre 34 per cento della nostra agricoltura, ha bisogno di nuove strategie, di progetti validi per dare nuove prospettive di sviluppo e competitività agli imprenditori, sempre più stretti da prezzi in caduta e da costi in continua crescita”. Lo ha sostenuto il presidente della Cia-Confederazione italiana agricoltori Giuseppe Politi intervenendo oggi a Cesena, nell’ambito del Macfrut, nel convegno promosso insieme a Confagricoltura, Fedagri-Confcooperative, Legacoop Agroalimentare e da Agci Agrital.“Oggi nel comparto -ha aggiunto Politi- c’è troppa frammentazione che non interessa soltanto le imprese agricole, ma tutte le componenti della filiera. Serve, dunque, un vero piano di ristrutturazione che si fondi su una visione strategica. Occorre un’azione realmente incisiva che permetta al settore di compiere un salto di qualità. Serve una politica efficace che apra nuove prospettive di crescita e di competitività”. “E da Cesena -ha rilevato il presidente della Cia- è, tuttavia, emersa chiara la volontà delle Organizzazioni che hanno promosso l'iniziativa di dare vita ad un percorso unitario per valorizzare l’agricoltura, promuovendo un progetto economico comune con il coinvolgimento dei territori”. “I rapporti di filiera nell’ortofrutta devono essere riequilibrati e incentivati attraverso un lavoro di programmazione delle risorse e di regolamentazione delle relazioni mercantili ed agro-industriali. Si tratta di un lavoro complesso che non può essere svolto da un singolo componente. Deve essere, invece, prerogativa di un organismo di natura paritetica che acquisisca la necessaria autorevolezza, grazie ad un ruolo di coordinamento e di mediazione delle diverse esigenze. In pratica, c’è l’esigenza di un’interprofessione in grado di programmare le quantità di prodotto e di regolarne l’immissione sui mercati, anche nei confronti della Grande distribuzione organizzata”. “Il settore dell’ortofrutta -ha rilevato Politi- ha in questi ultimi anni risentito della mancanza di un rapporto stretto ed omogeneo di filiera. Basta vedere il fronte dei prezzi, che dalla produzione al consumo hanno registrato rialzi abnormi e chiare manovre speculative, per comprendere le difficoltà che attualmente s’incontrano e i problemi che gli agricoltori, oppressi da costi onerosi, sono costretti ad affrontare”.Per quanto riguarda l’aspetto europeo, il presidente della Cia ha sostenuto che “nella nuova Pac sarà indispensabile un dispositivo più efficace a livello europeo nei casi di gravi crisi di mercato, ormai frequenti per la frutta estiva e che, purtroppo, saranno la costante dei prossimi anni. Gli interventi di mercato dovranno essere più veloci, elastici, efficaci e dovranno contare su dotazioni finanziarie pluriennali, su base mutualistica, ma aperte anche alla possibilità di aiuti nazionali”.

"Non c'è nessuna scelta, né direttiva di chiusura". Così Claudia Merlino, responsabile Relazioni sindacali di Cia, risponde a Uila, Fai e Flai, secondo le quali le associazioni di categoria starebbero "rifiutando" il negoziato per il rinnovo dei contratti provinciali per i lavoratori agricoli. “Ricordiamoci - ha chiarito Merlino in un'intervista-, che i contratti territoriali agricoli hanno pari dignità rispetto alla contrattazione nazionale nei confronti della quale godono di una piena e totale autonomia. Non abbiamo nemmeno la possibilità di indirizzare il territorio verso scelte di chiusura. La contrattazione agricola ha la particolarità che la salvaguardia del potere d'acquisto viene distribuita tra il contratto nazionale e il contratto territoriale, due anni  per ciascuno".

Il presidente Sandroni ricorda che il rinnovo deve tenere presente le difficoltà economiche che in questo momento colpiscono le aziende agricole, gli aumenti dei costi produttivi , le calamità naturali e non ultimo le amministrazioni che  creano quotidianamente problemi su tutto il territorio. Cito Inps che, con alcune discutibili interpretazioni delle disposizioni, sta facendo accertamenti che disconoscendo la contrattazione agricola contestano le retribuzioni che abbiamo fino ad ora applicato". Non abbiamo bacchette magiche, bisogna rimettersi al tavolo e discutere tenendo in considerazione che il settore agricolo è stato l'unico a tenere un buon livello occupazionale anche nel 2012 segnando, anzi, un piccolo aumento". Per noi la strada è quella del dialogo rivedendo, forse, le attese economiche dei sindacati in base alla reale situazione delle aziende; ricordo a tutti che gli aumenti richiesti arrivano anche all'otto o dieci per cento".

Non solo sull’uva, ma anche su olive,  mele e pere: i cambiamenti climatici, con il progressivo aumento delle temperature e dei periodi di siccità, hanno effetti diretti sulle colture. E sempre più spesso stravolgono i calendari “classici” dell’agricoltura italiana.  Il problema, cioè, non riguarda soltanto la perdita di raccolto dovuta a una certa tropicalizzazione del clima, che mai come quest’estate il settore sta pagando sulla propria pelle con danni stimati per 1,2 miliardi di euro -spiega la Cia-. La questione è più ampia: non si tratta di cali di resa, ma di cicli di produzione che si sono ridotti e anticipati.
In vent’anni ci sono stati cambiamenti significativi nell’anticipazione della raccolta - dice il presidente della Cia di Ascoli Piceno e Fermo. In particolare nella stagione estiva, rispetto al trentennio 1960-1990, i cicli vegetativi si sono anticipati mediamente di 5-10 giorni al Nord e di 7-12 giorni al Centro-Sud, con punte in Sicilia di 15-20 giorni. E a risentirne di più sono proprio le coltivazioni dell’estate piena, con riduzioni e anticipazioni importanti ad esempio per uva da tavola e pesche. Ma uno spostamento costante si registra anche sulla vendemmia e sulla raccolta delle olive.
Ma a preoccupare di più è soprattutto la scarsità dell’apporto idrico. I lunghi periodi di assenza di precipitazioni, intervallati a temporali brevi e violenti, innescano fenomeni di dissesto idrogeologico: la siccità “impoverisce” il suolo rendendolo meno produttivo e sui terreni così stressati le piogge intense e improvvise non fanno che aggravare la situazione, provocando allagamenti e frane. Senza contare che i cambiamenti del clima -conclude la Cia- impongono di lavorare seriamente a una rete idrica realmente efficiente, con opere infrastrutturali per la manutenzione, il risparmio e il riciclo delle acque. Considerato che oggi lungo le tubature italiane si perde in media più di un litro su tre.

L'ìtalia agricola ha bisogno di una nuova strategia condivisa e di ampio respiro. E’ sempre più indispensabile portare avanti una strategia tesa a sviluppare ricerca e innovazione, a favorire l’ingresso dei giovani e l’aggregazione fondiaria, a rendere efficienti i mercati, a sostenere la competitività, a ridurre i costi di produzione e a semplificare i rapporti tra imprese e Pubblica amministrazione. E’ ormai giunto il momento di cambiare. Se si vuole puntare alla crescita delle aziende è indispensabile accelerare la marcia. E proprio su questo tema focalizza l’attenzione la VI Conferenza economica di Lecce che quest’anno ha come slogan “Far crescere l’agricoltura per far crescere l’Italia”. Un appuntamento divenuto ormai tradizionale per discutere con i rappresentanti delle istituzioni e del mondo produttivo la situazione dell’agricoltura, i problemi contingenti e le prospettive future del settore. La Conferenza economica di Lecce -come abbiamo volte sottolineato in questi giorni- ha l’obiettivo di approfondire i forti legami tra la crescita del settore primario e dell’economica complessiva. Non solo perché le imprese agricole generano un indotto rilevante in termini di Prodotto interno lordo, ma anche perché l’agricoltura di qualità e multifunzionale richiede occupazione, favorisce lo sviluppo diffuso e armonioso dei territori, contribuisce in modo determinante a sostenere le grandi sfide ambientali che ci incalzano in questo inizio di millennio. Non a caso, da tempo insistiamo sull’esigenza che governo e forze politiche devono affrontare, nelle sedi più opportune, i problemi del settore primario. E’ in ballo il futuro di oltre due milioni di famiglie che vivono di agricoltura. Dalla zootecnia al vino, dall’olio ai cereali, dall’ortofrutta al florovivaismo, alle colture industriali. Sono questioni che richiedono soluzioni immediate per salvare un patrimonio, quello agricolo, che è alla base dei successi del “made in Italy” agroalimentare all’estero. Per crescere l’agricoltura ha, dunque, necessità di un’adeguata attenzione da parte delle istituzioni. Ma quest’anno si celebrano anche i cinquant’anni della Pac, alla vigilia di una nuova grande riforma, quella post 2013, che pone non pochi problemi agli agricoltori. Riforma che inciderà molto sul futuro del mondo agricolo italiano. D’altra parte, in tutti questi anni la Pac ha garantito la sicurezza negli approvvigionamenti, l’ammodernamento delle strutture, sostegno allo sviluppo economico complessivo. La riforma, oggi in discussione, deve andare oltre questi obiettivi e assicurare competitività, innovazione e valorizzazione delle risorse naturali. Insomma, occorre favorire il riequilibrio nei redditi e nelle condizioni di vita degli agricoltori con le altre categorie imprenditoriali e tra i vari territori dell’Unione europea. Per quanto riguarda la riforma della Pac 2014-2020, riaffermiamo che essa deve avere precise priorità: efficienza del mercato, rafforzamento delle organizzazioni di produttori, diffusione dell’economia contrattuale, misure per favorire il ricambio generazionale, sostegno degli strumenti (assicurazioni e fondi di mutualità) per contenere gli effetti della volatilità dei prezzi e delle crisi di mercato. Ad oggi, però, la proposta formulata dalla Commissione Ue non ci soddisfa affatto. C’è bisogno di correzioni proprio per garantire un futuro di certezze agli agricoltori. Per questa ragione, al commissario europeo all’Agricoltura abbiamo sollecitato un confronto sereno e responsabile sulla riforma Pac post 2013, proprio per garantire un futuro di equità e sviluppo all’agricoltura europea.Comunque, la futura politica agricola comune dovrà assolutamente porre al centro l’agricoltura e le imprese agricole. Il sostegno pubblico dovrà essere destinato agli agricoltori professionali e alle aziende che operano nel mercato dei prodotti e del lavoro. Vogliamo sostenere gli imprenditori agricoli, non i percettori di rendite fondiarie e parassitarie. Ecco perché insistiamo affinché, nel complesso negoziato comunitario sulla Pac 2014-2020, ci sia una posizione autorevole dell’intero governo in grado di far valere le ragioni dei nostri agricoltori. Una posizione del “sistema Paese”. E’ in gioco la sopravvivenza di centinaia di migliaia di imprese che rappresentano un rappresentano un patrimonio inestimabile per l’apparato economico e per l’intera società italiana.

Dalla Fao una sanzione morale contro i “ladri di terre”

Un primo passo nella lotta al "land grabbing" viene dall’accordo di Roma, ratificato da 124 Paesi, che mira a regolare le transazioni delle aree coltivabili nel mondo.

 

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