E’ stata approvata da Bruxelles la richiesta dell'Italia di innalzare il limite massimo di azoto per ettaro di origine organica, da 170 chilogrammi fino a 250 chilogrammi. Una misura richiesta a gran voce dagli allevatori, soprattutto del Nord dove si concentra la produzione di latte e carne, che rappresenta una boccata d'ossigeno in un momento di crisi delle aziende alle prese con costi crescenti (mangimi ed energia) e consumi stabili. L'annuncio è del ministro delle Politiche agricole, Saverio Romano, che parla di «un risultato molto importante per la nostra zootecnia che, tuttavia, da solo non risolve i problemi delle aziende italiane situate nelle aree sensibili ai nitrati, costrette a sostenere esorbitanti costi di smaltimento dei reflui zootecnici». Non si tratta di un problema rilevante nel nostro territorio afferma - Massimo Sandroni – presidente della CIA di Ascoli Piceno e Fermo se escludiamo qualche grande allevamento suinicolo, ma di fatto è un segnale che se c’è la volontà politica delle istituzioni e delle OO.PP alcune limitazioni o applicazioni delle norme Europee possono essere modificate e portare benefici ai nostri agricoltori.


Agea commissariata, Equitalia esautorata e il governo è fermo. Ci sono 1,69 mld da riscuotere. Ma non c'è nessuno che può farlo. Perchè l'Agea è commissariata e la manovra appena approvata ha stabilito che non può essere Equitalia ad occuparsi della questione. E' il paradosso delle multe inflitte agli allevatori che non hanno rispettato le quote latte e prodotto più di quanto gli era stato consentito dal regolamento europeo. Una cifra a saldo che i cosiddetti «splafonatori» (gli allevatori che hanno sforato il plafond) devono restituire allo Stato italiano, che ha già sborsato e versato all'Ue 4,4 miliardi di euro. Sono multe accumulate dagli anni '90 al 2008, il cui pagamento tra una proroga e un'altra, a suon di decreti, è stato rimandato, grazie all'indulgenza degli ultimi ministri dell'Agricoltura, da Gianni Alemanno a Luca Zaia. Ora la riscossione dei crediti si è completamente bloccata con l'attuale ministro Saverio Romano che ha ereditato questa patata bollente da Giancarlo Galan, l'unico dichiaratamente contro i trasgressori e chi li sostiene, (cioè la Lega). Ma se prima era difficile ora è quasi impossibile dipanare la matassa e incassare il denaro.

Il presidente della CIA Massimo Sandroni in merito riferisce lapidario  “non c’è nulla da commentare perché la notizia si commenta da sola, burocrazia su burocrazia e  una classe politica che invece di difendere le classi più deboli e gli onesti difende solo pochi allevatori “furbi ”

 

Le produzioni di eccellenza dell'agroalimentare marchigiano trovano nuovi fondi per la loro promozione sui mercati. La Giunta regionale ha infatti reperito oltre 173mila euro per sostenere progetti inerenti la trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli, mentre risorse ulteriori sono in corso di reperimento tra le pieghe del bilancio regionale. 'La qualita` del made in Marche agricolo va sostenuta ' commenta il vice presidente e assessore all'Agricoltura Paolo Petrini ' le numerose eccellenze di cui si arricchisce di giorno in giorno l'agroalimentare marchigiano, con riconoscimenti anche esteri, richiede una promozione mirata, affinche` le aziende marchigiane possano accrescere la loro competitivita` ed espandersi in nuovi mercati. Le certificazioni, la tracciabilita`, il marchio Qm, il biologico, le filiere di qualita`, il contrasto agli Ogm, assieme a un'efficace strategia commerciale che punta sull'innovazione, sono tutte iniziative che vanno in questa direzione. Oggi mercati importanti, per dimensione e potere d'acquisto, come ad esempio quello tedesco, guardano con crescente interesse alla qualita` agroalimentare espressa dalla nostra regione, per questo e` importante, soprattutto in questo momento di difficolta` generale, sostenere aziende sane con progetti seri di sviluppo. Le risorse stanziate a questo scopo saranno ulteriormente incrementate a breve termine'. La priorita` nei finanziamenti sara` data a qui progetti che prevedono forme di organizzazione associate, specie nel settore ortofrutticolo, proposti da imprese con buona solidita` economico finanziaria e con propensione all'esportazione. Priorita` anche alle forme volontarie di certificazione e al risparmio energetico. L'aiuto sara` al massimo del 40 per cento sulle spese ammissibili. Queste potranno far riferimento alle opere edili per la costruzione di nuovi impianti, per la sistemazione di immobili esistenti, per l'acquisto di macchinari, attrezzature e sistemi informatici.(Fonte Regione Marche).

 

Duemila imprese in meno nel giro di tre mesi. L'agricoltura paga la totale assenza di misure a sostegno del settore e perde 'pezzi' e vitalita', scontando ancora una volta sulla sua pelle gli effetti della crisi economica, i costi produttivi record e i prezzi sui campi non remunerativi. Lo afferma la Confederazione italiana agricoltori, commentando i dati diffusi oggi da Unioncamere, che registrano la chiusura di 1.975 aziende agricole tra luglio e settembre. "La situazione del comparto e' davvero pesante - spiega la Cia - ma la politica sembra non accorgersi della gravita' della situazione. La manovra varata dal governo ha totalmente ignorato l'agricoltura, e anche dalle prime indiscrezioni sul decreto Sviluppo non risulta alcun provvedimento a favore del settore primario. Eppure oggi 3 imprese su 5 hanno bilanci in 'rosso' e la scelta irresponsabile di non intervenire sui problemi della categoria rischia di mettere fuori mercato altre 350 mila aziende. Gia' alle prese con costi sempre piu' proibitivi, redditi falcidiati dalla crisi e scarsi guadagni". "Solo ad agosto - ricorda la Cia - gli imprenditori agricoli hanno dovuto sborsare 1'11,4 per cento in piu' per i mangimi; il 22,2 per cento in piu' per l'energia elettrica, il 7,8 per cento in piu' per i concimi e il 6,3 per cento in piu' per i carburanti. Di contro, a settembre i prezzi pagati ai produttori hanno perso 1'1,1 per cento rispetto al mese precedente, con una brusca flessione degli ortaggi (meno 10,6 per cento), in buona parte attribuibile ai ribassi delle patate (meno 20,1 per cento)". "A questo contesto già complicato - continua la Cia - si aggiungono anche le difficolta' del negoziato sulla Pac post 2013. Oggi a Lussemburgo per il Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Ue il ministro Romano ha dichiarato che "non e' accettabile la redistribuzione delle risorse finanziarie tra i Paesi membri che la Commissione propone". La "questione agricoltura", conclude la Cia, "ha bisogno urgente di un governo in grado di portare avanti politiche nuove e realmente efficaci per il comparto, in grado di dare una spinta alla ripresa.

Anche un  gruppo di  agricoltori della Cia di Ascoli Piceno e Fermo ha partecipato al MAC fruit di Cesena. Oltre a visitare i numerosi stands i nostri agricoltori hanno preso parte al convegno promosso dalla Cia in  cui Cristina Chirico, responsabile dell’Ufficio internazionale della Cia, ha messo in evidenza le attuali regole di mercato e denunciato la presenza di prodotto indifferenziato, non etichettato nella sua origine, non tracciato, che entra nel territorio italiano, viene immesso nei nostri mercati, anche per il consumo interno, spesso confuso con il prodotto realmente di origine italiana. “La realtà economica globalizzata non prevede la possibilità di chiusure protezionistiche -ha continuato la Chirico-  ma rifiutiamo e denunciamo la volontà di concludere accordi commerciali di libero scambio laddove non sono presenti nei territori di origine sistemi di tracciabilità del prodotto, di rispetto delle norme igienico-sanitarie, di sufficienti strumenti di controllo della qualità del prodotto, di amministrazioni doganali equivalenti a quelle comunitarie”. La Cia dichiara, quindi, la necessità di rivedere l’attuale situazione delle relazioni commerciali internazionali impostate dall’Unione europea. “In un contesto di crisi dei mercati agricoli mondiali, dall’accrescersi della concorrenza esercitata dai grandi produttori ed esportatori mondiali, dal mancato rispetto da parte di molti competitor degli standard produttivi europei, non si può considerare vincente una politica di apertura del mercato comunitario in assenza della parità di rispetto delle regole”. Le aperture commerciali intraprese nel corso di questi anni dall’Unione europea non hanno portato, ad un miglioramento sostanziale del sistema di controllo e di rispetto sanitario e fitosanitario nei paesi partner. Chi più subisce le conseguenze negative di una apertura commerciale squilibrata è il comparto ortofrutticolo, la cui produzione si concentra prevalentemente nei paesi dell’Europa mediterranea, Italia, Spagna, Francia e Grecia. L’attuale processo di sola liberalizzazione commerciale guidato dall’Unione Europea, secondo la Cia non può essere considerata una politica di sviluppo per l’agricoltura mediterranea positiva “perché la concorrenza distruttiva danneggia gli agricoltori italiani e non avvantaggia gli agricoltori mediterranei” .

Gli attori dell’attuale liberalizzazione commerciale non sono però le imprese agricole: “la politica commerciale attualmente praticata da grandi gruppi commerciali e da catene della distribuzione organizzata, in molti importanti settori produttivi, dall’olio di oliva ai prodotti ortofrutticoli, nell’esclusiva ricerca del minor prezzo -ha proseguito la Chirico- penalizza l’offerta italiana rispetto ad approvvigionamenti mediterranei ad essa alternativi”.Questa situazione chiama in causa la definizione di una nuova politica agricola per il Mediterraneo, che passando da una funzione meramente di mercato, vada ad incidere, anche con il sostegno dell’Unione Europea, sulla riduzione dei divari interni nelle condizioni di vita delle popolazioni locali impegnate in agricoltura.