Interessanti  spunti di riflessione nel forum sull’ortofrutta che la Cia ha tenuto lo scorso 3 maggio a Napoli. Un appuntamento di grande rilievo durante il quale sono state analizzate  e discusse le varie criticità attraversate da un settore per cui vantiamo il primato produttivo  europeo, focalizzandosi su due comparti specifici: il pomodoro da industria e la frutta in  guscio.  Ma è stata anche l’occasione di riaffermare che l’organizzazione delle filiere e  l’aggregazione di prodotto sono leve fondamentali per il rilancio dell’ortofrutta italiana.  L’ortofrutta italiana -è stato ricordato nel corso del forum di Napoli- è un settore che  vale 14 miliardi di euro l’anno e che attualmente rappresenta un terzo della Produzione  lorda vendibile (Plv) agricola del nostro Paese. Eppure, nonostante le cifre da primato, si  tratta di un comparto che è, purtroppo, fermo rispetto alla produzione mondiale, cresciuta  del 24 per cento negli ultimi dieci anni.  E la chiave per una decisa inversione di rotta sta proprio nel miglioramento  dell’organizzazione della filiera ortofrutticola, agendo da una parte a livello comunitario,  favorendo una riforma normativa che possa rispondere alle esigenze del settore, e  dall’altra operando sul territorio per valorizzare, rafforzare ed eventualmente creare, quelle  Organizzazioni dei produttori che applicano misure di sistema e valorizzano la  commercializzazione dei prodotti dei propri soci. Insomma, Organizzazioni che guardano  realmente al mercato. Oggi la produzione ortofrutticola italiana si estende su 880 mila ettari e coinvolge  circa 460 mila imprese agricole. Solo il 30 per cento, però, ha dimensioni superiori a 5  ettari, pur detenendo il 73 per cento della superficie complessiva dedicata a queste  produzioni. Una situazione che va necessariamente superata, anche perché la quota di  ortofrutta organizzata rappresenta appena il 35 per cento del totale. E questo nonostante  l’Ocm preveda aiuti incentrati sulla costituzione e gestione delle organizzazioni dei  produttori. Il problema organizzativo, quindi, rappresenta uno dei nodi principali da  sciogliere. Ci sono questioni strutturali, sociali ed economici che, legate anche a  comportamenti anacronistici, non fanno decollare l’aggregazione dell’offerta.  Non solo. Il settore -come è stato rilevato nel forum di Napoli- soffre da tempo di  ricorrenti crisi di mercato. Negli ultimi 4-5 anni l’ortofrutta “made in Italy” è stata investita  da pesanti fasi critiche, dovute essenzialmente a un’estrema volatilità dei prezzi all’origine  e allo scarso potere contrattuale dei produttori ortofrutticoli, alla forte concorrenza da parte  del prodotto estero, spesso movimentato da dinamiche di puro stampo speculativo. A  questo si aggiunge il calo dei consumi, provocati dalla difficile congiuntura economica  del Paese. E così il quadro generale del settore diventa sempre più complesso e i riflessi  per le imprese risultano gravemente negativi, soprattutto sul fronte dei redditi.