Pubblichiamo l'estratto dell'intervento del ministro all'agricoltura S. Romano pubblicato su Libero del 08/09/2011 che auspica una PAC che  aiuti  le aziende virtuose, che affrontano il mercato e che investono nel settore. Posizione che riteniamo conforme alle strategie per la nuova PAC delineate nel nostro documento Comune Nazionale.

Negli ultimi mesi ab­biamo seguito con grande apprensione l'andamento dei mercati finanziari, che tengono tutto il mondo con il fiato sospeso. Non dobbiamo però di­menticare che l'estate tra­scorsa è stata particolar­mente difficile anche per gli agricoltori italiani, in parti­colare per il settore orto­frutticolo e per la zootec­nia. Molto spesso si tende a ritenere che l'agricoltura rappresenti ancor oggi un settore assistito, saldamen­te protetto dalla politica agricola europea. In realtà la politica agri­cola comune (PAC) nell'ul­timo decennio si è trasfor­mata profondamente, eli­minando tutte le forme di sostegno che erano collega­te alla produzione ed al mercato.I produttori italiani lo sanno assai bene, perché oggi non devono fronteg­giare soltanto la concorren­za degli agricoltori spagnolio tedeschi, ma anche quella del Sudarnerica o dei paesi nordafricani, in un mercato mondiale sempre più aper­to e permeabile.Tutto questo avviene in una situazione di grande volatilità dei prezzi, ed i produttori sono indifesi da­vanti ai repentini cambia­menti del mercato. In questa fase storica i nostri agricoltori avrebbero bisogno di misure dirette ad accrescere la competitività delle proprie aziende e di strumenti di sostegno ido­nei a proteggerli in occasio­ne delle crisi di mercato più acute.La PAC purtroppo non fornisce alcuna risposta. La politica europea è at­tualmente imperniata su un sistema di sostegno svinco­lato da qualsiasi riferimento alla produzione ed al mer­cato. Gli aiuti vengono ero­gati anche se l'agricoltore cessa la produzione e senza alcun riferimento alla realtà dell'impresa.È, logico che una impo­stazione di questo tipo fini­sca per premiare le aziende meno virtuose, quelle che decidono di limitare i rischi del mercato riducendo gli investimenti e l'attività. Cessando la produzione ed azzerando i costi può risul­tare assai appetibile la per­cezione di un aiuto comu­nitario, pur se di entità re­lativamente limitata. Lo stesso ammontare di soste­gno è invece irrilevante per una impresa che abbia fatto importanti investimenti. Purtroppo la Commissio­ne europea sembra non comprendere che questa strada è completamente sbagliata.Alla vigilia del negoziato sulla riforma della PAC la Commissione propone di accentuare ancor di più tale impostazione commisu­rando gli aiuti esclusiva­mente in base alle superfici agricole dei paesi membri, eliminando definitivamen­te ogni riferimento alla pro­duzione realizzata, agli in­vestimenti ed al lavoro. In tal modo verrebbero penalizzati pesantemente i paesi più produttivi, come l'Italia, che dovrebbe versa­re 7 miliardi l'anno al bilan­cio comunitario ricevendo soltanto 3,5 miliardi per i propri agricoltori, che han­no il solo torto di lavorare bene ricavando dalle pro­prie limitate superfici aziendali una produzione elevata. Verrebbero spesi in tal modo ogni anno circa 40 miliardi di aiuti agli agricol­tori europei, creando un gi­gantesco sistema assisten­ziale, del tutto inutile per le imprese attive ma assai ap­petibile per coloro che deci­dano cli disinvestire. Una politica di questi ti­po non è utile a nessuno: né agli agricoltori né ai consu­matori e dubito che possa risultare comprensibile per i contribuenti europei. C'è bisogno invece di una politica al servizio delle im­prese orientate al mercato, che hanno bisogno di stru­menti per crescere ed af­frontare una competizione mondiale sempre più serra­ta. 

FRANCESCO SAVERIO ROMANO  Ministro delle Politiche Agricole,Alimentari e Forestali