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  Controlli su tutta la filiera del bio, rivoluzione sui prodotti importati da paesi terzi, certificazione di gruppo per le piccole aziende agricole. Dopo tre anni di dibattito le istituzioni Ue hanno raggiunto un accordo su nuove regole per il settore biologico, dalla coltivazione alla commercializzazione dei prodotti. Data per fallita solo un paio di settimane fa, la riforma rappresenta il tentativo di riconoscere il passaggio del mercato del biologico dalla nicchia al mainstream. Per questo motivo allarga l'ambito della regolamentazione alla trasformazione e alla vendita al dettaglio. Con quali risultati, resta da vedere. La bozza di riforma presentata nel 2014 dalla Commissione europea, con l'ambizione di rafforzare la fiducia dei consumatori e rilanciare la produzione bio dell'Ue, è stata molto criticata in questi anni, soprattutto dall'industria del settore. Il compromesso raggiunto dalle istituzioni Ue dovrebbe avere il primo ok formale dal Consiglio Ue dei prossimi 17 e 18 luglio e le nuove disposizioni si applicheranno dal 2020. II nuovo regolamento prevede controlli anti-frode una volta l'anno su tutti gli operatori della filiera, incluse le rivendite al dettaglio. Le ispezioni avranno cadenza biennale per chi risulta in regola per tre anni di fila. Sulle importazioni extra-Ue si cambia in modo sostanziale, sostituendo il principio di equivalenza (che prescinde da standard di produzione differenti) con quello di conformità ai requisiti europei. Gli accordi di equivalenza già in vigore, come per esempio quello con gli Usa, dovranno essere aggiornati. Fanno eccezione i trattati commerciali bilaterali e i casi di crollo dell'offerta eu ropea su alcuni prodotti. Per facilitare l'accordo, la Commissione europea è stata costretta a ritirare l'ipotesi di fissare valori limite validi per tutta la  certificazione automatica di prodotti bio con residui di pesticidi non autorizzati. I paesi che hanno già questi valori limite, come Belgio e Italia, potranno mantenerli, anche se non potranno impedire la commercializzazione nel proprio mercato di prodotti di altri paesi europei. Questo per almeno altri quattro anni dall'entrata in vigore delle nuove regole. Dopo, la Commissione potrebbe proporre una legislazione specifica. Le deroghe per aumentare la produzione bio in serra, richiesta controversa dei paesi del Nord Europa, saranno invece bloccate fino al 2030. Nel regolamento si introduce la possibilità di utilizzare miscugli di semi e la creazione di database nazionali sui semi bio in modo da stimolare l'incontro tra domanda e offerta su una risorsa che al momento è particolarmente scarsa. La deroga nell'uso dei semi convenzionali resta al massimo fino al 2035. Le aziende miste, che producono sia con metodo bio che convenzionale, potranno continuare a esistere a condizione che le due attività siano ehinramente distinte e separate. I produttori con aziende di piccole dimensioni potranno aggregarsi e ottenere una certificazione di gruppo, riducendo i costi.