Al convegno di Orvieto la Cia ricorda il ruolo degli agricoltori “manutentori”. Tra frane, alluvioni e piene l'Italia ha il triste primato in Europa di Paese a maggior rischio idrogeologico, un “pericolo” che coinvolge quasi il 10% della superficie nazionale e riguarda ben 6.633 comuni, ovvero l'82% del totale. Eppure, a dispetto di questa altissima criticità, solo ora si comincia a lavorare su una vera politica di difesa del suolo. Che però, per essere efficace, deve finalmente riconoscere il ruolo degli agricoltori come “manutentori” del Paese. Perché, per prevenire il dissesto idrogeologico dei territori, la soluzione migliore è coltivarli. E' quanto è emerso dal convegno nazionale della Cia, che si è tenuto il 18 febbraio al Palazzo dei Congressi di Orvieto. I terreni coltivati e quelli boschivi svolgono un ruolo essenziale per stabilizzare i versanti e trattenere le acque, e la realtà è che oggi un’efficace piano di prevenzione del territorio non può prescindere dalla fondamentale attività di presidio, tutela e controllo degli operatori agricoli. Per il presidente della Cia Dino Scanavino “è tempo di dire basta alla cementificazione selvaggia che ha cancellato più di 2 milioni di ettari di suolo agricolo in vent'anni. Ora -ha evidenziato- è necessario riconoscere e valorizzare il ruolo del settore primario quale volano di riequilibrio territoriale e produttivo”.